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E noi, che non capiamo

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Casaleggio
Non capire le persone da vive si accompagna spesso al riconoscergli meriti persino eccessivi quando sono scomparse.
Mi sembra che questa abitudine non venga smentita nemmeno nel caso della morte di Casaleggio; in questo caso il personaggio si prestava, diciamo così, al fraintendimento: silenzioso fino all’ossessione, misterioso, persino fisicamente particolare ed inquietante, con quel cespuglio di improbabili capelli ricci su un viso apparentemente privo di qualunque espressività.
Il termine “guru”, usato nei suoi confronti, finiva per non essere così abusato, e l’insieme delle caratteristiche del personaggio si prestava tanto all’adorazione degli adepti quanto alla demonizzazione degli avversari.
Oggi, forse, potremmo più semplicemente riconoscere che è stato un protagonista importante di questi anni, perché ha dimostrato a tutti noi come sia stato possibile costruire, in poco tempo e quasi dal nulla, una forza politica capace di entrare in sintonia con le ansie, le aspettative e le rabbie di molte persone, e di tradurre questa sintonia in voti e presenza istituzionale.
D’accordo, non è stato l’unico, ce n’è stato un altro che circa vent’anni fa ha fatto una cosa analoga. Meno silenzioso, quell’altro, ma ugualmente abile, e intelligente ad usare gli strumenti e le logiche di cui c’era bisogno a metà degli anni novanta.
Casaleggio noi (noi “sinistra radicale un po’ snob che ha letto molto Gramsci ma non lo applica mai”, intendo) lo abbiamo demonizzato, è ovvio. E con molte buone ragioni, credo: l’idea di poter fare a meno di qualunque intermediazione nell’espressione di un disegno politico, la fiducia assoluta nelle virtù taumaturgiche della Rete, la pratica leaderistica e persino brutale nella gestione del Movimento che contraddiceva gli assunti di parità e trasparenza, l’insistenza sulle malefatte della “casta” come unica spiegazione ultima di qualunque problema sociale o politico, il complottismo elevato a religione civile.
Ma come trovare risposte diverse per le ansie e i bisogni dei tanti che si riconoscono nel M5S, quello non sappiamo farlo. Come non abbiamo saputo farlo per i tanti che si sono riconosciuti nelle proposte di Berlusconi, e in parte ancora lo fanno. Come non abbiamo veri argomenti da opporre alle paure in cui sguazza vergognosamente uno come Salvini.
Nell’onore delle armi che oggi in tanti riconoscono a Casaleggio c’è il giusto rispetto che dovrebbe sempre accompagnare lo scontro politico, non solo di fronte alla morte. Ma c’è anche un non detto, visibilissimo, bisogno di rimozione: continuiamo a non capire, e che scompaia qualcuno che ha dimostrato di capire meglio di noi in fondo ci solleva, e non riusciamo a nasconderlo.
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